FOTOTECA SIRACUSANA
PHOTOGALLERY - FOTOGRAFIA VINTAGE - BIBLIOTECA TEMATICA - CAMERA OSCURA B&W - DIDATTICA
PIOTR ZBIERSKI
“Lascia che il sole del mattino scaldi Il tuo cuore quando sei giovane E lascia che i venti leggeri del mezzogiorno Temperino la tua passione Ma attento alla notte Perché lì è in agguato la morte Che aspetta, aspetta, aspetta” (Arthur Rimbaud). L’ignoto è alle porte, silenzioso e subdolo come un nemico; di là e tutto intorno il buio, l’intemperanza impudente dell’immanente, una costante che nemmeno l’augurio del poeta francese sa neutralizzare. Allora, forse, è più conveniente narrare un momento che un intera storia – sebbene non c’è storia che non sia composta da momenti. Frammenti, di una poesia di polvere e sassi, arsa come la strada su cui trova sonno. Questo è il terreno dei progetti del fotografo polacco Piotr Zbierski. Nel suo “Push the sky away” – fotolibro in formato di trittico di cui qui ci occuperemo della serie omonima – le ruvide disarticolazioni temporali spianano il cammino alle suggestioni, dove il tratteggio, il veloce abbozzo ci invitano a consumare un significato che sta invece nell’interrotto divenire dell’azione. Ciò che accade nelle fotografie di Zbierski possiamo solo immaginarlo. Ma è questo che seduce. E insieme una domanda: siamo in grado di decrittare il messaggio – ammesso che vi sia, ammesso che l’azione non contempli già una sua compiutezza – oppure è meglio consegnarsi alla corrente dell’immaginazione? Chissà. Ha detto Walter Benjamin che “molto spesso le fotografie dicono molto più di quanto vorrebbero e spesso, in questa molteplicità di voci, parlano male”. Il filosofo dunque consigliava di incatenare l’immagine a un testo, a una didascalia quali coordinate per la loro precisa interpretazione. Ma le immagini di Zbrieski sembrano confutare questo assunto: si cattura quanto c’è, quanto la vita dispiega sotto i nostri occhi; e che sia la cifra stilistica, il linguaggio a risolvere la questione. “Push the sky away” è un (non) racconto, che ci introduce al limitare dell’antinarrativa: accadono cose, sì, ma piccole cose; a volte non accade nulla. E se la ritrattistica assolve bene il compito di una staticità che si inceppa nella composizione, promulgando lievi propaggini di tensione, non meno estraniante è l’azione propria, raggiunta nel dettaglio di una mano o nello scorcio di volti in primo piano. Tutto si muove eppure è fermo, ma in questa muta sarabanda può essere vero il contrario. Ma noi che osserviamo le fotografie di Zbierski andiamo subito ai versi di Rimbaud sebbene qui, buio, passione, notte sembrano neutralizzati e svuotati dalle loro minacce tanto da spedire un chiarore di speranza al dirimpettaio oscuro e ignoto. Ma non è la tortuosità che interessa Zbierski né la creazione di un varco tra le incognite: tutto, avendo un piano lessicale piano, è più chiaro e nei ripidi chiaroscuri scorgiamo un’attenzione che non si allontana mai dalla ricerca di uno stile autonomo. Le fotografie di “Push the sky away”, per dirla come un grande della fotografia, sono aforismi in forma visiva, motti di purissima energia che vincono sul percorso del racconto.
Giuseppe Cicozzetti
da “Push the sky away”
foto Piotr Zbierski
https://piotrzbierski.wordpress.com/
"Let the morning sun warm Your heart when you're young And let the light winds of the midday Temper your passion But watch out for the night Because Because death is lurking there Waiting, waiting, waiting" (Arthur Rimbaud).
The unknown is at the gate, silent and sneaky as an enemy; beyond and all around the darkness, the impudent intemperance of the immanent, a constant that even the wish of the French poet can not neutralize. Then, perhaps, it’s more convenient to tell a moment than a whole story - though there is no story that is not made up of moments. Fragments, of a poetry of dust and stones, burnt like the road on which he fall asleep.
This is the terrain of projects by Polish photographer Piotr Zbierski. In his "Push the sky away" - a photo book in a triptych format we will deal with the eponymous series - the rough temporal disarticulations smooth the path to suggestions, where the sketching, the quick sketch invite us to consume a meaning that lies in the 'interrupted becoming of action. What happens in Zbierski's photographs can only be imagined.
But this is what seduces. And together a question: can we decrypt the message - if there is, if the action does not already contemplate its completeness - or is it better to turn to the current of the imagination? Who knows. Walter Benjamin said that "very often the photographs say much more than they would like and often, in this multiplicity of voices, they speak badly".
The philosopher therefore advised to chain the image to a text, a caption as coordinates for their precise interpretation. But Zbrieski's images seem to refute this assumption: we capture what is there, how life unfolds before our eyes; and that is the stylistic cipher, the language to solve the question.
"Push the sky away" is a (non) story, which introduces us to the limit of the antinarrative: things happen, yes, but little things; sometimes nothing happens. And if portraiture does well the task of a static that jams in the composition, promulgating slight offshoots of tension, no less estranging is the action, achieved in the detail of a hand or in the foreground of faces in the foreground.
Everything moves and yet it is still, but in this silent sarabande the opposite can be true. But we who observe Zbierski's photographs immediately go to the verses of Rimbaud although here, darkness, passion, night seem neutralized and emptied by their threats, so much so that they send a light of hope to the dark and unknown neighbor. But it is not the tortuosity that interests Zbierski nor the creation of a gap between the unknowns: everything, having a flat lexical plane, is clearer and in the steep chiaroscuro we see an attention that never strays from the search for an autonomous style. The photographs of "Push the sky away", to quote a great photograph, are aphorisms in a visual form, mottos of pure energy that win over the path of the story.
Giuseppe Cicozzetti
from “Push the sky away”
ph. Piotr Zbierski
https://piotrzbierski.wordpress.com/