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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Anna VOYTENKO                                    (UCRAINA) 

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ANNA VOYTENKO

 

Ci sono progetti fotografici che sembrano arrivare dallo sprofondo, tanto ci appaiono lontani i soggetti, gli atteggiamenti e la rappresentazione di uno stile di vita sconosciuto all’orizzonte degli interessi di un mondo la cui vocazione è l’omologazione. Osservando le fotografie dell’ucraina Anna Voytenko siamo catapultati nello stesso stupore di Jonathan, alter ego di Jonathan Safran Foer in “Ogni cosa è illuminata”. Lì, tra quelle bellissime pagine, si agita come il fantasma di un’identità lontana colto nel pieno della rivendicazione identitaria – con le inevitabili contraddizioni a carico del protagonista. Qui, nel lavoro della fotografa siamo noi a fare un viaggio in una realtà come quella ucraina, e presto, mano a mano che scorrono le fotografie, siamo assaliti dallo stesso senso di smarrimento del protagonista del libro e presto ci accorgiamo che il viaggio al quale siamo stati invitati ha un percorso ellittico poiché vediamo che la geografia umana, sempre al centro dell’attenzione della Voytenko, pencola tra le realtà rurale e il paesaggio urbano. Scopriamo così l’esistenza di un’umanità così variegata e così stabilmente impegnata “nel gioco crudele e patrigno della vita” da precedere il nostro stupore. L’attitudine documentaristica della Voytenko è saldamente impregnata di una particolare vicinanza emotiva verso i soggetti fotografati. Lo notiamo, tra l’altro, dalla facilità con cui le persone colte nelle mansioni quotidiane diventano, grazie a una composizione rigorosa, parte imprescindibile di un’epopea scoperta al momento ma sempre esistita. Siamo dalle parti di quella che Benjamin chiamava “maieutica dell’immagine”, solo che in questo caso sarebbe la fotografia, e non chi l’osserva, a essere sollecitata a partorire la verità – ammesso che verità e fotografia possano stare nella stessa frase senza litigare. L’Ucraina di Anna Votyenko somiglia a un luogo della una memoria, di un territorio sospeso tra una narrativa ora cruda ora struggente e poetica. Il registro delle emozioni così si completa adunando fotografie in cui la vita qualunque di persone qualunque si infittisce di contenuti grazie al talento autoriale con cui è descritta. E’ dunque in forza del linguaggio espressivo di Anna Voytenko, nel suo bianco e nero senza mediazioni che le fotografie ci appaiono impegnate a stabilire la supremazia tra la realtà e un realismo lirico – quest’ultimo senza troppi compiacimenti estetici – e in questo ribollire d’aspirazioni noi spettatori privilegiati pregustiamo un doveroso pareggio.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

foto Anna Voytenko

 

 

There are photographic projects that seem to come from down under, so far the subjects appears, the attitudes and the representation of an unknown lifestyle on the horizon of the interests of a world whose vocation is the homologation. Looking at the photographs of Ukrainian Anna Voytenko we are catapulted into the same amazement of Jonathan, alter ego of Jonathan Safran Foer in "Everything is illuminated". There, among those beautiful pages, it’s agitated like the ghost of a distant identity caught in the midst of the claim to identity - with the inevitable contradictions borne by the protagonist. Here, in the photographer’s work, we take a journey into a reality like that of Ukraine, and soon, as the photographs flow, we are assailed by the same sense of loss of the protagonist of the book and soon we realize that the journey to which we have been invited has an elliptical path because we see that human geography, always at the center of Voytenko's attention, pencoles between rural realities and the urban landscape. So we discover the existence of a humanity so varied and so firmly committed "in the cruel and stepfather game of life" to precede our astonishment. Voytenko's documentary attitude is firmly imbued with a particular emotional closeness to the photographed subjects. We note it, among other things, from the ease with which people caught in everyday tasks become, thanks to a rigorous composition, an essential part of an epic discovered at the time but always existed. We are close to what Benjamin called "image maieutics", only that in this case it would be the photograph, not the observer, to be urged to give birth to the truth - provided that truth and photography can be in the same sentence without to argue. The Ukraine of Anna Votyenko resembles a place of a memory, of a territory suspended between a narrative now crude, now poignant and poetic. The register of emotions is thus completed by assembling photographs in which life of any person thickens with content thanks to the authorial talent with which it is described. It’s therefore by virtue of the expressive language of Anna Voytenko, in her black and white without mediations that the photographs appear to us to establish the supremacy between reality and a lyrical realism - the latter without too many aesthetic pleasures - and in this boiling d aspirations privileged spectators look forward to a proper draw.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

ph. Anna Voytenko

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