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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Brooke SHADEN                                                                        (USA) 

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BROOKE SHADEN

Benvenuti nel fantastico mondo di Booke Shaden. Fantastico ed elegantissimo. Ci sono fotografi che riprendono la realtà così com’è e ce ne sono altri che riprendono la realtà che non c’è ma che hanno bene in mente come potrebbe essere: tra questi prende un posto di rilievo la giovane americana Brooke Shaden, espertissima nel manovrare gli elementi del reale (pochi ma indispensabili) con le surrealtà digitali (molte e altrettanto indispensabili). Il risultato è una composizione leggera, delicatamente sognante che rimanda alla mente certe sottili sfumature gotiche. In Brooke Shaden il concept iniziale si sposa magnificamente con una composizione finale molto ben risolta nella ricerca degli equilibri formali e cromatici che hanno il potere di riconciliarci con Photoshop dopo l’uso smodato di molti suoi colleghi. Nelle sue immagini ogni cosa ha un senso, un piano che si sviluppa intorno alla cura ossessiva di ogni dettaglio, considerato un tassello organico e funzionale al disegno complessivo e senza la cui attenzione l’impalco generale risulterebbe manchevole di una voce. Ne siamo sicuri.

I due piani, si diceva: il reale e il digitale. Non c’è dubbio che i programmi per le elaborazioni elettroniche delle immagini siano in grado di spiegarci che se esiste un limite alle nostre fantasie questo è contenuto in noi, ma è altrettanto vero che un uso posto al servizio del talento compatta il nostro senso del bello, cifra attorno a cui ruota l’intero orizzonte del nostro interesse. E’ sorta una generazione di fotografi, equamente distribuiti in ogni angolo del pianeta, che sa come fare interagire lo strumento digitale con il più antico e potente mezzo a disposizione dell’Uomo: la fantasia. E questo nel rispetto dei padri della fotografia che già agli albori si distaccarono dalla nuda rappresentazione oggettiva per raccontare una realtà tanto inesistente quanto vera. L’elenco è lungo, ma quelli che furono i pionieri non sono stati più dimenticati; né li dimentica Brooke Shaden, nelle cui immagini echeggiano citazioni dottissime tradotti nel suo personalissimo linguaggio, fatto di equilibrio e slancio, di trascendenza e sensualità. Si osservi a questo proposito – oltre alla felice e riuscita immagine iniziale, uno svolazzante ed etereo insieme di fanciulle – le foto delle due donne in cui è la tinta rossa a prevalere: vi è in entrambi i casi una sottile vena poetica, non disgiunta da un equilibrio simbolico nel quale si stempera efficacemente il “portato” pittorico. Non con minore attenzione si deve ammirare la foto di chiusura. Qui una giovane donna, scalza, con indosso un abito azzurro, è in un ambiente diroccato, scarno, diremmo privo di vitalità mentre si dirige verso un varco nel muro. Cosa vede la giovane donna non sappiamo né lo sapremo mai, ma è certo che è attirata da qualcosa che ha sollecitato la sua attenzione; eppure il cielo – almeno lo scorcio che vediamo – non sembra promettere nulla di buono: è minaccioso di pioggia e vento, né gli uccelli alla destra del foro sembrano rincuorare, eppure avvertiamo come un senso di placida calma, un interludio. Mistero che si aggiunge a mistero, come la nube di fumo che avvolge il capo della donna vestita di brandelli di fogliame con un piccione in mano. Queste non sono solo delle fotografie da guardare, queste sono immagini che pretendono di essere “ascoltate”, che ci interrogano. 

Immagini sublimi e subliminali.

Giuseppe Cicozzetti

foto Brooke Shaden

 

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