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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Enzo SELLERIO                                                                              (Italia) 

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ENZO SELLERIO

Un poco di tradizione. Nell’immaginario di molti Enzo Sellerio è ricordato come il fondatore dell’omonima casa editrice, ma pochi sanno che ha iniziato la carriera come fotografo, e che ha continuato l’attività fino a un certo punto, poi, come cercheremo di vedere, ha smesso. Di colpo: ha messo via la sua macchina fotografica e non ha più scattato una foto. Mai più. Gran carattere. Le ragioni sono ancora oggi controverse, ma per quanto lo siano a noi sono ben chiare invece per Sellerio e a un giovane fotografo (che gli si recava in casa per mostrargli le foto) che oggi è famosissimo. Alla base dell’alterco, che poi ha condotto al “gran rifiuto” ci sia un furto, l’appropriazione di un progetto al quale Sellerio stava lavorando e che gli venne sottratto e pubblicato dal giovane fotografo poi divenuto famosissimo. Che ci crediate o no è andata così; e peccato che nelle interviste il fotografo famosissimo adduca ben altre ragioni alla base della lite. Ma questa è storia.

Certo è che Enzo Sellerio è il decano di tutti i fotografi siciliani, che grazie a lui hanno appreso come raccontare la loro terra. E di epigoni ne ha messi al mondo tanti, tutti in qualche modo debitori. Enzo Sellerio è stato il narratore di una vita piccola, assai lontana dall’elegia iconografica. La sua era una Sicilia umile e vera tesa, così come l’intero Paese, a lasciarsi alle spalle le durissime cicatrici del secondo conflitto mondiale che nell’isola faticavano a rimarginarsi. Una vita semplice: bambini al gioco, sorpresi nella quotidianità di gesti innocenti, mercatini affollati, struggenti partenze per il Nord nel quale cercare una fortuna introvabile nell’isola, feste religiose, contadini al lavoro. Un lavoro da etnografo, in grado di restituire una lettura sociale in chiave minimalista in cui non mancano grazia e humor (si osservi a questo proposito la foto della bambina che regge un gelato. Osservate quanta delicata vezzosità sta dentro un’immagine che ha due livelli di lettura: la prima nei due soggetti in primo piano; l’altra nella lunga prospettiva di una via senza auto e dunque ancora in possesso dei passi dell’uomo), e costume. Tutto è dentro una fotografia bellissima, quella dove i bambini giocano alla fucilazione. L’occhio è attratto dal gruppo di bambini in primo piano. Vediamo che sono tutti maschietti (la guerra, la violenza sono sempre roba da maschietti), sullo sfondo il gruppo di bambine escluse dal gioco guarda il momento della finta esecuzione; poco oltre, sulla destra, gli adulti che non devono preoccuparsi dei giochi in strada dei bambini. Ma oltre a essere un minuscolo trattato di sociologia, in questa fotografia c’è come un segno segreto, una citazione che non sfuggirà ai più accorti: è la speculare rappresentazione di un’altra celeberrima fucilazione nella Storia dell’Arte, la “fucilazione del 3 maggio” di Goya. Citazione che si ripete nel giovane trombettista, che pare un esausto gemello del “Trombettista” di Manet. In un’altra altra si coglie l’involontaria quanto connaturata sensualità di una giovane donna al balcone; in altre l’ironia di un mondo antico che ancora dialoga con il moderno; in altre ancora un modernismo estetico (la fotografia della sfilata militare sul prospicente sagrato della cattedrale di Noto ne è l’esempio meglio riuscito) che tra breve farà ovunque la sua comparsa.

Vite autentiche, colte di sorpresa e riprodotte da un obiettivo rispettoso e discreto, il cui risultato è la piena restituzione del clima ormai perduto di una società che rivive negli scatti di Sellerio e, in modo assai pallido, nei suoi epigoni.

Giuseppe Cicozzetti

foto Enzo Sellerio

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