top of page

SCRIPTPHOTOGRAPHY

FABRIZIO QUAGLIUSO

Può darsi, come ha scritto Shakespeare, che “siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni”, ma uscendo dalle suggestioni romantiche il sogno, quell’affiorare di vita che ci coglie e si libera a nostra insaputa, a volte ci accompagna in un labirinto di segni, carezzevoli, a volte, o inquietanti ma tutti pronti a riflettere una “materia”, la nostra, a noi stessi sconosciuta. Non abbiamo nessun controllo: le percezioni diurne, tenute a bada dalla ragione, dilagano nella notte per impadronirsi della mente e al risveglio lasciano tracce d’un racconto parallelo. Il fluire della vita ha una sua scansione, come un battito ancestrale che detta i tempi, un ritmo a cui siamo soggiogati come un’antica melodia. Il sogno interrompe il ritmo, lo scardina, lo frantuma per associare visioni e immagini solo apparentemente incoerenti, secondo un’aritmia che seduce o impaurisce. “Aritmia” è anche il titolo del libro fotografico (un’edizione autoprodotta ordinabile dal sito dell’autore che trovate in calce) di Fabrizio Quagliuso, un lavoro che nel complesso delle immagini ruota attorno a due interrogativi: chi siamo in un sogno e cosa vediamo nel sogno, cioè quale identità sia più vera tra quella “reale” e quella affiorante dalle brume notturne e se l’ambiente “deformato” dalle proiezioni oniriche sia vero quanto quello vero. Ed curioso come gli interrogativi del fotografo intercettino gli stessi rovelli dei protagonisti della novella di Schnitzler, “Doppio sogno”. La sola consapevolezza che guadagniamo è la presenza di una aritmia, che qui dobbiamo intendere come un disturbo della frequenza del cosciente. Noi siamo chiamati da Quagliuso a decifrare proprio questa intermittenza. Stabilito un patto, che risiede nell’accettazione di due contrapposte attività, scendiamo tra le pieghe delle immagini, dove i segni della fotografia ci chiedono di intercettare la molteplicità dei contenuti perché si schiarisca la quantità degli indizi. Le fotografie di “Aritmia” sono intessute, e legate insieme in modo discorsivo, da elementi ricorrenti nei sogni, che abitano cioè il catalogo onirico di ognuno di noi. Il corpo nudo, colto nello smarrimento solitario d’una natura oscura e talvolta minacciosa altro suggerisce che l’inadeguatezza dell’essere di fronte a temi che durante il giorno giacciono dimenticati; e noi osservatori in qualche modo avvertiamo come un senso di déjà vu, una sensazione sperimentata prima e da rubricare a esperienza personale. C’è invece in “Aritmia”, e ci accorgiamo da un frammento, un’allusione, un dettaglio la vocazione a raccontare qualcosa di più universale, un terreno nel quale l’illusione gareggia con la realtà e dove spesso, questa, viene sconfitta. Il racconto di “Aritmia” è, come si diceva, compatto e irrobustito da una tensione che a partire dalla composizione, e dalla scelta di un bianco e nero assai organico dal punto di vista narrativo, convince per l’adeguato e composto susseguirsi di visioni – qui la serie di sogni è un espediente per mettersi a nudo, e con la sincerità che merita chi osserva –, mentre la modella, ora racchiusa in sé, oppure smarrita nella selva, mentre altre volte è immersa in un’acqua dai richiami amniotici si offre nell’enigma delle interpretazioni. Fabrizio Quagliuso si dimostra abile demiurgo: “tradurre” i sogni in visioni reali senza smarrirne il senso non è facile. Talvolta, accade a tutti noi, al risveglio non riusciamo a fermare nella memoria le visioni notturne, obbligandoci, qualora si voglia recuperare le immagini che per loro natura evaporano una volta aperti gli occhi, a ricomporli quasi arbitrariamente. “Aritmia” invece ci accompagna dentro un sogno, mantenendo intatta la potenza evocativa, quella di un sogno riuscito.

Giuseppe Cicozzetti

 

foto Fabrizio Quagliuso

 

http://www.fabrizioq.com/

 

It may be, as Shakespeare wrote, that "we are such stuff as dreams are made on", but coming out of romantic suggestions the dream, that outcrop of life that catches us and frees itself without our knowledge, sometimes accompanies us in a labyrinth of signs, caressing, sometimes, or disturbing but all ready to reflect a "stuff", ours, unknown to ourselves. We have no control: the daylight perceptions, blocked by reason, ramp up in the night to take over the mind and upon awakening leave traces of a parallel story. The flow of life has its own scan, like an ancestral beat that dictates the times, a rhythm to which we are subjugated like an ancient melody. The dream interrupts the rhythm, unhinges it, shatters it to associate visions and images that are only apparently inconsistent, according to an arrhythmia that seduces or frightens. "Aritmia" is the title of the title of Fabrizio Quagliuso's photo book (a self-produced edition that can be ordered on the author's website, see below), a work that in the complex of images revolves around two questions: who we are in a dream and what we see in the dream, that is, which identity is truer between the "real" and that emerging from the night mist and if the environment "deformed" by the dream projections is as true as the real one. And so weird as the photographer's questions intercept the same ruin of the protagonists of Schnitzler's novel, "Dream story” (originally, “Traumnovelle"). The only awareness we gain is the presence of an arrhythmia, which we must understand here as a disturbance of the frequency of the conscious. We are called by Quagliuso to decipher this intermittence. Having established a pact, which lies in the acceptance of two opposing activities, we descend between the folds of images, where the signs of photography ask us to intercept the multiplicity of the contents so that the quantity of the clues is cleared up. The photographs of "Aritmia" are woven, and linked together in a discursive way, by recurring elements in dreams, that is, that inhabit the dreamlike catalog of each of us. The naked body, caught in the solitary bewilderment of a dark and sometimes threatening nature, suggests that the inadequacy of being faced with themes that during the day lie forgotten; and we observers somehow perceive it as a sense of déjà vu, a sensation experienced before and to be filed as personal experience. On the contrary there’s in "Aritmia", and we realize from a fragment, an allusion, a detail, the vocation to tell something more universal, a terrain in which illusion competes with reality, and this it’s often defeated. The story of "Arrhythmia" is, as we said, compact and strengthened by a tension that starting from the composition, and from the choice of a very organic black and white from the narrative point of view, convinces by the adequate and composed succession of visions - here the series of dreams is an expedient to get naked, and with the sincerity that the observer deserves -, while the model, now enclosed in herself, or lost in the forest, while other times she’s immersed in a water with amniotic references, offers to us the enigma of interpretations. Fabrizio Quagliuso is a skilled demiurge: "translating" dreams into real visions without losing their meaning isn’t easy. Sometimes, it happens to all of us, upon awakening we cannot stop the night visions in our memory, forcing us, if we want to recover the images that by their nature evaporate once we open our eyes, to recompose them almost arbitrarily. "Aritmia" instead accompanies us into a dream, keeping intact the evocative power of a successful dream.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

ph. Fabrizio Quagliuso

 

http://www.fabrizioq.com/

bottom of page