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SCRIPTPHOTOGRAPHY

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ANTONIO PALMERINI

Non a tutti è dato di fotografare l’anima. Figuriamoci quando è doppia. Figure disadorne. Come stanze lasciate vuote. Spogli contorni, colmi solo di una disturbante realtà, vendicativa, che monta come una marea e copre ogni angolo. Prospettive interrotte sul limitare di un indicibile malessere, presente ma invisibile come il vento. Angeli che hanno volato troppo vicino alla Terra e ne sono stati contaminati. Volo fatale. Nulla sarà come prima, se c’era un prima. Ora è con questa velenosa realtà che bisogna fare i conti, con volti e occhi che dicono altro e in una lingua che sgomita per farsi comprendere. Lunghi i tempi, lunghissimi, il tempo del doppio (felice metafora clinico-fotografica), di uno scatto paziente e rapace che spieghi un tormento, un disagio, chissà, la voglia d’ancora esser vivi. Il fotografo Antonio Palmerini narra l’incomprensibile, lo straniante tormento, l’urlante silenzio di essere sé ma anche un altro. Dissolvenze o buie trasparenze fermate poco prima della dissoluzione, prima che la materia cioè torni nell’oscurità come una stella priva di luce, morente. I ritratti sono fantasmi, la fisicità è perduta in una nullità che ottunde e fredda gli animi. Un vagabondaggio irrequieto e fermo nel territorio disagevole dell’infermità dell’anima. Violento ed erratico, come violento il contrasto e la luce che fende il Nulla: gli occhi non guardano, introiettano ma ci interrogano e ci sfidano su un terreno a noi precluso. Chi siete voi che ci guardate, sembrano dire i soggetti, le giovani donne vilipese, ribaltando la direzione dell’osservazione. Qui tutto si disperde nei rivoli dilaganti di un’oggettività scardinata nelle convenzioni o, se preferite, nelle convinzioni. L’aria è ferma, priva di volontà. L’abisso incombe. La lente scava, scruta e oltrepassa la scorza visibile: un ritratto questo deve fare, parlarci dell’invisibile, della spumosa, disordinata e segreta essenza d’ognuno. Antonio Palmerini assolve a questo compito con discrezione, con la delicatezza di chi sa offrire rispetto e compassione, eppure non c’è nulla che sia sacrificato sull’altare del pudore: ogni aspetto è raccontato con una cifra che si ritrova nel desiderio di restituire una voca a chi una voce non ce l’ha. La sordida curiosità è scansata, resta un finissimo ordito d’un malessere che crea empatia e, ancora una volta, un rispetto da conclamare in un abbraccio. E dunque, grazie alla sensibile perizia di Antonio Palmerini, queste figure “liquide”, ectoplasmatiche, fuoriescono dalla nebulosità e si schiudono davanti ai nostri occhi, come al risveglio di un sogno che ha turbato la nostra notte. La fotografia, qui, sconfessa gli adepti mediocri, respinge con forza i ritrattisti d’involucri bloccati su se stessi, cultori della piattezza bidimensionale. La fotografia ritrattistica è molto di più. E non a tutti è dato di fotografare l’anima. Figuriamoci quando è doppia.

Giuseppe Cicozzetti

foto Antonio Palmerini

antoniopalmerini.tumblr.com/

 

Not everyone is allowed to photograph the soul. Imagine when it’s double. Unadorned figures. As rooms left empty. Leafless contours, filled only with a disturbing reality, vindictive, which mounts like a tide and covers every corner. Perspectives interrupted on the edge of an unspeakable malaise, present but invisible like the wind.

Angels that have flown too close to the ground and have been contaminated. A fatal flight. Nothing will be like before, if there was a first one. Now it is with this poisonous reality that we must come to terms with faces and eyes that say something else and in a language that elbows to be understood. Long time, very long, the time of the double (such a happy clinical-photographic metaphor), of a patient and rapacious shot that explains a torment, an unease, who knows, the desire to still be alive.

The photographer Antonio Palmerini tells us the incomprehensible, the alienating torment, the screaming silence of being himself but also another. Fading or dark transparencies stopped shortly before dissolution, before the matter goes back into darkness like a dying star.

The portraits are ghosts, physicality is lost in a nothingness that darkens and tempers the soul. A restless wandering in the uncomfortable territory of the soul's infirmity. Violent and erratic, as violent the contrast and the light that cleaves the Nothing: the eyes do not watch, introject but interrogate us and challenge us on a ground that we are precluded.

Who are you who look at us, seem to say the subjects, the young outraged women, reversing the direction of the observation. Here everything is dispersed in the rampant rivulets of an object that is undermined in conventions or, if you prefer, in beliefs.

The air is still, devoid of will. The abyss looms. The lens digs, peers and goes beyond the visible rind: a picture this must do, talk to us about the invisible, the frothy, disordered and secret essence of everyone.

Antonio Palmerini performs this task with discretion, with the delicacy of those who can offer respect and compassion, yet there is nothing that is sacrificed on the altar of modesty: every aspect is told with a figure that is found in the desire to return a voca to whom a voice does not have it. The sordid curiosity is avoided, remains a fine warp of discomfort that creates empathy and, once again, a respect to be concluded in a hug.

And therefore, thanks to the sensitive expertise of Antonio Palmerini, these "liquid" ectoplasmic figures emerge from the nebulosity and open up before our eyes, as if the awakening of a dream that has disturbed our night. Here photography, defeating the mediocre adepts, strongly rejects portraits of envelopes stuck on themselves, lovers of two-dimensional flatness. Portraiture photography is much more. And not everyone is allowed to photograph the soul. Imagine when it’s double.

Giuseppe Cicozzetti

ph. Antonio Palmerini

antoniopalmerini.tumblr.com/   

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