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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Michal MACKŮ                                                                  (Rep. Ceca)

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MICHAL MACKŮ

Senza scomodare Wittgenstein, facciamo nostro l’assunto secondo il quale tutto ciò che è partorito dal pensiero è per sua natura stessa realizzabile. Sicuramente ne è convinto il fotografo ceco Michal Macků, che ha tradotto le sue vertigini concentrandole nella rigida disciplina della sperimentazione, perché la ricerca senza rigore conduce solamente a una prateria sterile. La sua è un’operazione alchemica; è la trasmigrazione della materia a un’altra, il cui fine non è la mera suggestione di una nuova grammatica visiva quanto la risoluzione della crisi della statica fissità della fotografia, per introdurla in una dimensione nella quale il soggetto assume un dinamismo innervato da un ‘motu’ di drammatica ribellione. La tecnica, messa a punto da Michal Macků, “Gellage”, così si chiama, consiste nel trasferire l’emulsione fotografica dalla base originale a una superficie cartacea di alta qualità. Intervenendo poi sullo strato di gelatina Macků dà vita alle sue immaginazioni. Il risultato è sorprendente ed estremamente suggestivo. Le immagini che vediamo realizzate con questa tecnica (non è la sola, come vedremo, ad essere utilizzata) rimandano a un’energia eruttiva che reclama uno spazio identitario, fisico, come se le lacerazioni spingessero verso la liberazione del soggetto dalla superficie nella quale sono collocate. Siamo di fronte a dei “Prigioni” della fotografia, a esseri inanimati che provano a liberarsi dalla materia e catturati nel tentativo di evadere. Non meno evocative e drammatiche appaiono le fotografie realizzate in “Carbon prints”, immagini che dialogano magnificamente con la texture fino a sembrare di farne parte e dove ancora una volta il corpo ci appare come soggetto esigente il diritto a un’esistenza autonoma, esprimendo un grido di libertà contro la gabbia in cui è recluso. Ma con qualcosa di ancor più lacerante, come la discesa agli inferi di un visionario deciso a esplorare la sostanza delle forme, il suo interno assoluto. Qui pare che Steichen accolga Macků come Virgilio accolse Dante e gli mostri i contorcimenti di anime, le loro digressioni in territori inimmaginabili e terribili governati dal buio e dall’angoscia in cui però i personaggi ci appaiono agli albori di una nuova evoluzione, tormentata e anarchica.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

foto Michal Macků

da “Gellage”; “Carbon prints”.

 

http://www.michal-macku.eu/

Without disturbing Wittgenstein, we make our assumption that everything that is born of thought is by its very nature achievable. The Czech photographer Michal Macků is convinced of this, he has translated his vertigo, concentrating it in the rigorous discipline of experimentation, because research without rigor leads only to a sterile prairie.

His’s an alchemical operation; it’s the transmigration of matter to another, whose goal isn’t the mere suggestion of a new visual grammar as the resolution of the crisis of the static fixity of photography, to introduce it into a dimension in which the subject assumes a dynamism innervated by a ‘motu’ of dramatic rebellion.

The technique, developed by Michal Macků, "Gellage", as it is called, consists in transferring the photographic emulsion from the original base to a high quality paper surface. Then intervening on the layer of jelly Macků gives life to his imaginations. The result is surprising and extremely suggestive.

The images we see made with this technique (it is not the only one, as we shall see, to be used) refer to an eruptive energy that claims an identitary, physical space, as if the lacerations pushed towards the liberation of the subject from the surface in which they are placed. We are facing "Prisons" of photography, inanimate beings who try to free themselves from the matter and get caught up in trying to escape.

No less evocative and dramatic are the photographs taken in "Carbon prints", images that interact magnificently with the texture to seem to be part of it and where once again the body appears as a demanding subject the right to an autonomous existence, expressing a cry for freedom against the cage in which he is imprisoned. But with something even more lacerating, like the descent into the underworld of a visionary determined to explore the substance of forms, its absolute interior.

Here it seems that Steichen welcomes Macků as Virgil welcomed Dante and shows him the contortions of souls, their digressions in unimaginable and terrible territories ruled by darkness and anguish in which, however, the characters appear to us at the dawn of a new evolution, tormented and anarchic.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

ph. Michal Macků

 

from “Gellage”; “Carbon prints”.

 

http://www.michal-macku.eu/

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