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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Maren Klemp                                                                          (Norvegia)

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MAREN KLEMP

Quando alla fotografa norvegese Maren Klemp fu diagnosticato un disturbo bipolare della personalità, comprese le ragioni per cui le era impossibile fermare la giostra emotiva cui era soggetta. Gli episodi depressivi si erano imposti come un linguaggio incomprensibile per i suoi cari, altalenante e incoerente, nel quale ciò che a un tempo sembrava leggibile subito dopo appariva avvolto da una nebbia di dolore. Essere dominati da un umore mutevole conduce alla schiavitù emotiva. Maren Klemp però non accetta di definirsi nei contorni di una estraneità comportamentale, nell’area grigia della commiserazione in cui essere sopraffatti. E si dà due compiti, due missioni che vanno in due direzioni opposte ma al termine si troveranno convergenti. 
Il primo è intimo, privato, quasi che Maren Klemp avesse deciso di mostrare ai cari il perché del rapido “simulare in volto una cosa mente un’altra alberga in cuore” e farsi leggere nel mesto trasparire dell’oscuro. Il secondo è pubblico, e attiene alla sua professione: mettere in immagini il dilaniante incedere del disagio, senza omissioni né cedevolezze. Per dipanare il complicato ordito emotivo Maren Klemp utilizza il linguaggio delle allusioni e affida alla metafisica o, se volete, a un simbolismo misterico, il compito di registrare una “koinè” interpretativa. Il lavoro – non facile, considerate l’intimità delle problematiche e la sua trasmissione al pubblico – è confluito in “Between Intervals”, in cui, nella volontà di non omettere nulla, la fotografa è protagonista e con lei i suoi figli. E “Tra gli Intervalli” – che supponiamo siano i momenti di una placida lucidità emotiva, di una tregua psichica – Klemp ci restituisce il disagio in forma di scatti.
Visioni oniriche, conturbanti, misteriose. Vediamo la sua figura avvolta da invisibili diaframmi plastici che le impediscono di essere se stessa o rapportarsi ai figli. Vediamo lei ma anche il suo doppio, ora nitidamente ora offuscato da una sapiente quanto efficace sfuocatura del soggetto. Le immagini evocano talora l’imporsi di neogotico, nel quale cogliamo per intero la metafora delle tenebre prevalere sulla luce e risiedervi per consumarne l’anima. In altre, dove è alla delicatezza affidata la cifra espressiva, cogliamo un sicuro rimando alle composizioni preraffaellite e del loro senso “etico” della rappresentazione. Ma è il “segno” a prevalere, un indizio che accomuna gli scatti e che li rende omogenei e compatti; un segno nel quale ravvisiamo che il linguaggio espressivo, la propria misura stilistica è al servizio dell’obiettivo. “Between Intervals” di Maren Klemp è un’opera indagatoria e coraggiosa, dalla quale emerge un senso di onestà e compassione. E bellezza.

 

Giuseppe Cicozzetti

da “Between Intervals”

 

foto Maren Klemp

 

https://marenklemp.photoshelter.com/index

When Norwegian photographer Maren Klemp was diagnosed with a bipolar personality disorder, including the reasons why she was unable to stop the emotional carousel she was subjected to. Depressive episodes were imposed as an incomprehensible language for his beloved, seething and incoherent, in whom what at one time seemed readable soon after appeared enveloped in a fog of pain.

Being dominated by a changing mood leads to emotional slavery. Maren Klemp, however, does not agree to define herself in the contours of a behavioral strangeness, in the gray area of commiseration in which she is overwhelmed. And she gaves two tasks, two missions that go in two opposite directions but at the end they will converge.

The first is intimate, private, almost as if Maren Klemp had decided to show the dear ones the reason for the rapid "simulate one thing in the face, another dwells in the heart" and to be read in the sad transparency of the dark. The second one is public, and relates to his profession: to put in images the rending gaiting of the uneasiness, without omissions or yields.

To unravel the complicated emotional warp Maren Klemp uses the language of allusions and entrusts to metaphysics or, if you wish, to a mysterious symbolism, the task of recording an interpretive "koinè". The work - not easy, considering the intimacy of the problems and its transmission to the public - has merged into "Between Intervals", in which, in the desire not to omit anything, the photographer is the protagonist and with her children. And "Among the Intervals" - which we suppose are moments of a placid emotional lucidity, of a psychic truce - Klemp gives us back the inconvenience in the form of shots.

Oneiric, disturbing, mysterious visions. We see her figure wrapped in invisible plastic diaphragms that prevent her from being herself or relating to her children. We see her but also her double, now clearly now clouded by a wise and effective blur of the subject. The images sometimes evoke the neogothic imposition, in which we fully grasp the metaphor of darkness prevail over light and reside there to consume its soul. In others, where the expressive character is entrusted with delicacy, we grasp a sure reference to pre-Raphaelite compositions and their "ethical" sense of representation.

But it is the "sign" that prevails, an indication that unites the shots and makes them homogeneous and compact; a sign in which we recognize that the expressive language, its stylistic measure is at the service of the objective. "Between Intervals" by Maren Klemp is an investigative and courageous work, from which emerges a sense of honesty and compassion. And painful beauty.

 

Giuseppe Cicozzetti

from "Among the Intervals" 

 

ph. Maren Klemp

 

https://marenklemp.photoshelter.com/index

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