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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Herman LEONARD                                                                 (USA)

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HERMAN LEONARD

Solo se si ama il jazz si scattano fotografie come quelle che vedete, e Herman Leonard lo amava sopra ogni cosa. Leonard ha fotografato i giganti del jazz quando i club di New York pullulavano di note che avrebbero fatto la storia della musica. La sua è la storia di una passione trascendente. Sul finire degli anni ’40, nell’America trionfante dal conflitto mondiale Leonard, povero in canna, si assicurava un posto nei jazz club offrendo le sue fotografie ai musicisti i quali, contenti del risultato, col tempo lo vollero sotto il palco. “Nessuno ha mai più fotografato il jazz come lui” ha detto una volta Dinah Washington. E si vede. Nelle sue fotografie – sviluppate su lastre di vetro – c’è tutto quanto ci si immagina debba esserci. Ma non solo. C’è la densa atmosfera fumosa e greve del club, luci rade, taglienti e veloci come le elaborazioni armoniche del “bebop”, declinato però in uno stile personale che offre uguale misura allo spazio celebrativo del mito con quello più intimo dell’introspezione. E infatti il doppio ritratto di Billie Holiday occupa questo territorio, lo stesso nel quale si intercetta la solitudine di una jazz singer geniale controversa. Leonard del jazz ha raccontato tutto. E tutti. E sempre con un punto di vista singolare. Se osservate la fotografia che ritrare Lena Horn più che una cantante jazz vi sembrerà Dora Maar davanti all’obiettivo di Man Ray. Lena Horn dovrebbe essere una donna felice (è stata la prima artista di colore con origini europee e nativo-americane a firmare un contratto con una major hollywoodiana) eppure ha le mani strette al volto, chiusa in un’espressione pensosa a testimonianza di un travaglio emotivo sconosciuto ai fan. Qui, in questo ritratto, c’è gran parte dello stile di Leonard, un linguaggio destinato a cogliere le sfumature del mito, le più lontane dall’immagine pubblica. Tormenti. Travagli. Non c’è personaggio del mondo del jazz che non ne sia stato attraversato. E si vede. Molti di coloro che vediamo in queste bellissime immagini sono scomparsi presto. Troppo presto. E chi è vissuto più a lungo (si pensi a Chet Baker) ha avuto in cambio un’anima distruttiva. Lo stile di Herman Leonard dunque pencola tra pubblico e privato, a cavallo della doppia anima che possiedono gli uomini di spettacolo, procedendo tra pause di registrazione e concerti, tra riflessioni e momenti privati (si osservi a foto con un Count Basie che si annoda la cravatta prima di uno spettacolo) frutto della fiducia e della stima conquistata dal fotografo. Confesso che sfogliando questo catalogo assai succinto – vi rimando per questo alla pagina ufficiale, dove troverete l’intera produzione – ho provato come un brivido di commozione: ho visto i giganti, giovani giganti sul loro territorio prima che divenissero miti assoluti. E una sorpresa, graditissima, il lavoro di un grandissimo fotografo che sulla passione ha costruito la sua intera bellissima vita. Herman Leonard è scomparso nel 2010. Aveva preso casa a New Orleans, una città di cui amava la naturale nervatura musicale. Pochi anni prima, nel 2005, l’uragano Katrina distrusse parte della città compreso lo studio di Leonard. Le lastre originali andarono irrimediabilmente perdute. Ed è per questo che il suo lavoro appare come la testimonianza di un momento irripetibile e fecondo, che scorre ai nostri occhi con la leggerezza di una storia che vorremmo ci fosse ripetuta all’infinito.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

foto Leonard Herman

 

http://hermanleonard.com/

 

Only if you love jazz take pictures like those you see, and Herman Leonard loved it above all else. Leonard photographed the jazz giants when the New York clubs were teeming with notes that would make the history of music.

His is the story of a transcendent passion. At the end of the '40s, in America triumphant by the world war Leonard, so poor he secured a place in the jazz clubs offering his photographs to the musicians who, happy with the result, with time they wanted him under the stage. "No one has ever photographed jazz like him," Dinah Washington once said.

And it shows. In his photographs - developed on glass plates - there is everything that one imagines there must be. But not only. There is the dense smoky and heavy atmosphere of the club, sharp lights, sharp and fast as the harmonic elaborations of the "bebop", but declined in a personal style that offers equal measure to the celebrative space of the myth with the most intimate introspection. And indeed the double portrait of Billie Holiday occupies this territory, the same in which the solitude of a controversial jazz singer is intercepted. Leonard told us everything about jazz. And above anyone.

And always with a singular point of view. If you look at the photo that portraying Lena Horn more than a jazz singer, it will look like Dora Maar in front of the lens of Man Ray. Lena Horn should be a happy woman (she was the first color artist with European and Native American origins to sign a contract with a Hollywood major) and yet she has her hands clasped to her face, enclosed in a thoughtful expression as evidence of labor emotional unknown to fans. Here, in this portrait, there is a large part of Leonard's style, a language intended to capture the nuances of myth, the most distant from the public image.

Torments. Troubles. There is no character in the world of jazz that has not been crossed. And it shows. Many of those we see in these beautiful images have disappeared early. Too soon. And those who lived longer (think of Chet Baker) had a destructive soul in return. The style of Herman Leonard then leans between public and private, straddling the double soul that the men of show have, proceeding between pauses of recording and concerts, reflections and private moments (look at photos with a Count Basie that knots the tie before a show) fruit of trust and esteem won by the photographer. I confess that flipping through this very succinct catalog - I refer you to the official page for this, where you will find the entire production - I felt like a thrill of emotion: I saw the giants, young giants on their territory before they became absolute myths.

And a surprise, very welcome, the work of a great photographer who has built his entire beautiful life on the passion. Herman Leonard disappeared in 2010. He had taken home in New Orleans, a city he loved the natural musical rib. A few years earlier, in 2005, Hurricane Katrina destroyed part of the city including Leonard's study. The original plates were irretrievably lost. And that is why his work appears as the testimony of an unrepeatable and fruitful moment, which flows in our eyes with the lightness of a story that we would like to have repeated to infinity.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

ph. Leonard Herman

 

http://hermanleonard.com/

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