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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Montserrat DIAZ                     (ES)

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MONSERRAT DIAZ

Elogio del silenzio. I lavori della fotografa spagnola Monserrat Diaz, che ha scelto Milano come città in cui vivere, sono densi come i sogni che abbiamo amato e nei quali, una volta sfrondati i dettagli, sedimenta la nettezza di un racconto destinato a ripetersi. Fotografia dopo fotografia nell’osservatore matura la convinzione di respirare una malinconia priva di quel polveroso disagio che anima lavori analoghi e tutto declinato con un elegante rigore formale che, come si vede, diviene la cifra distintiva di un linguaggio sospeso tra l’equilibrio della composizione e la disciplina concettuale – impegno mantenuto saldo nelle fotografie a colori che in quelle in bianco e nero. L’eleganza dei lavori di Monserrat Diaz pensiamo che risieda nella discrezione con cui affronta temi come la solitudine e l’interazione dei soggetti nel loro ambiente e i cui echi rimandano alle lezioni grandiose di Duane Michals e, in particolare nella serie in bianco e nero, a un grande maestro del surrealismo fotografico: Rodney Smith. Ma una volta appresa la lezione tutto passa attraverso il vaglio di un linguaggio singolare e personale, in cui turbamenti e doppiezze volano nella stratosfera dell’immaginazione, di una creatività attenta a non sbagliare una sola nota. La “forma” innanzitutto ma carica di senso da diventare essa stessa sostanza. Non c’è fotografia, infatti, che sia priva di una profondità contenutistica che non affondi le sue radici nella leggerezza. Le immagini scorrono accompagnate da un fragoroso silenzio in cui a parlarci è la sapiente distribuzione volumetrica, come se fosse un gioco dove le regole una volta sancite hanno l’obbligo d’essere rispettate. Tutto è compatto e l’osservazione è obbligata a un tempo deciso dalle immagini; e durante questa stasi temporale siamo invitati a indugiare, a scorgere i rimandi contenuti in essi, a lasciarsi impressionare dai dettagli, da piccoli frammenti di cose, dalla presenza di oggetti che solo talvolta interagiscono con l’umano, mentre in altre lo circuiscono, lo inseguono fino a intercettarne i momenti. Sogni, atmosfere reminiscenti di un’attività onirica sospesa tra il reale e l’immaginifico come la letteratura sudamericana ci ha svezzati ma tradotti con una sensibilità postmoderna. Qui Monserrat Diaz dimostra di costruire un ponti, un collegamento sincretico tra linguaggi spesso spinti alla contrapposizione ma che qui, una volta assembrati, sembrano aver deposto ogni conflitto per consegnarsi all’efficace fluidità di un racconto intellegibile, come se sui segnali provenienti dalla profondità dell’inconscio fosse gettata una luce vitale e silenziosa. Si è detto del silenzio che “rappresenta la gentilezza dell’universo”, un “soffio sottile che a sé aduna lo spirito”. Dev’essere così se è nel silenzio precipita il senso d’ogni cosa e si ritrova leggerezza. Ed è proprio una pensosa leggerezza la cifra stilistica di Monserrat Diaz, un codice personale in cui vige la regola della sottrazione: tutto è sfrondato perché affiori una verità che noi, osservando le fotografie, facciamo subito nostra.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

foto Monserrat Diaz

 

https://montserratdiazimages.com/

Eulogy of silence. The work of the Spanish photographer Monserrat Diaz, who has chosen Milan as a city to live in, is as dense as the dreams we have loved and in which, once the details are unraveled, the seduction of a story destined to repeat itself is seduced. Photography after photography in the observer matures the conviction to breathe a melancholy devoid of that dusty discomfort that animates similar works and all declined with an elegant formal rigor that, as we can see, becomes the distinguishing mark of a language suspended between the balance of the composition and the conceptual discipline - commitment kept firm in color photographs than in black and white.

The elegance of Monserrat Diaz’s works we think that resides in the discretion with which he deals with topics such as the loneliness and interaction of the subjects in their environment and whose echoes refer to the grandiose lessons of Duane Michals and, in particular in the black and white series, to a great master of photographic surrealism: Rodney Smith.

But lesson once learned, everything passes through the scrutiny of a singular and personal language, in which disturbances and duplicities fly in the stratosphere of the imagination, of a creativity careful not to make a single mistake. The "form" above all but full of meaning to become substance itself. There is no photography, in fact, that is devoid of a depth of content that does not sink its roots in lightness. The images flow accompanied by a thunderous silence in which to speak is the wise volumetric distribution, as if it were a game where the rules once sanctioned have the obligation to be respected.

Everything is compact and observation is obliged to a decided time by images; and during this temporal stasis we are invited to linger, to see the references contained in them, to be impressed by the details, by small fragments of things, by the presence of objects that only sometimes interact with the human, while in others they circulate it. they chase up to intercept their moments. Dreams, reminiscent atmospheres of a dreamlike activity suspended between the real and the imaginative like the South American literature has weaned us but translated with a postmodern sensibility.

Here Monserrat Diaz proves to build a bridge, a syncretic link between languages often pushed to the opposition but that here, once assembled, seem to have deposited every conflict to deliver itself to the effective fluidity of an intelligible narrative, as if on the signals coming from the depth of the unconscious was thrown a vital and silent light. We have said of the silence that "represents the kindness of the universe", a "subtle breath that attaches itself to the spirit". It must be like that if the sense of everything is in the silence and lightness is found. And the stylistic code of Monserrat Diaz, a personal code in which the rule of subtraction is in force, is precisely a thoughtful lightness: everything is pruned because a truth emerges that we, observing the photographs, make our own immediately.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

ph. Monserrat Diaz

 

https://montserratdiazimages.com/

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