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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Giovanna DEL SARTO              (IT)

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GIOVANNA DEL SARTO

Una storia va scritta con la massima semplicità possibile. Nella semplicità di una storia ci sono già abbastanza complessità, ferocia e disperazione. Siamo sicuri che a muovere il progetto della fotoreporter Giovanna Del Sarto sia stato proprio questo assunto, così semplice quanto complesso. Il progetto cui ha dato vita la giovane fotografa, ‘Polaroid for a refugee’ – a breve in mostra presso il collettivo WSP Photography di Roma – ci richiama intorno al tema drammatico delle migrazioni e la cui risposta risuona in noi in modi diversi, a seconda della sensibilità al problema. E’ già nelle definizioni che si individua la “vicinanza” al problema. Li abbiamo chiamati “profughi”, “migranti”, “richiedenti asilo”, “clandestini”, mettendo a fuoco una semantica che tralascia il solo appellativo che meritano: Persone. Sono convinto che se si adoperasse di più questo termine forse si acquisterebbero una maggiore sensibilità e compassione. Ma i sentimenti sono contrastanti, così come le reazioni. Per quanto qualcuno possa erigere muri, steccati, confini, filo spinato per proteggersi da una presunta invasione, è bene che ricordi che nulla può fermare l’insopprimibile desiderio dell’Uomo a migliorare le proprie condizioni di vita, a provare almeno ad avere le stesse opportunità di chi è nato nella parte ambiente del pianeta: è più di un desiderio, è un diritto, lo stesso che viene assegnato a noi Occidentali al momento della nascita.

Esiste però una umanità di donne e uomini dal cuore generoso e franco che alla domanda “cosa possiamo fare?” ha presto una risposta: aiutare i meno fortunati. Sono i volontari, gente che lavora, che si adopera strenuamente per alleviare le sorti a coloro i quali sorte non è stata benevola. Tra questi, a cui va la nostra riconoscenza e l’orgoglio di saperli generosi, c’è Giovanna Del Sarto. Lei è fotografa e come tutti i fotografi non può resistere a comunicare quanto accade né al tentativo di trasformare la cronaca in Storia, di scrivere un capitolo delle nostre esistenze dove tutto abbia un senso. In Serbia, prima e poi in Grecia, nel vivo di un inferno a cielo aperto, Giovanna Del Sarto decide che il suo impegno, perché abbia un valore che non muoia nell’immediatezza dello sforzo, debba “restituire” quanto le è stato donato. Da qui, da questo nobile tentativo di dialogare in profondità con “l’altro”, nasce il suo progetto. Giovanna Del Sarto ha con sé due Polaroid con le quali scatta, cattura volti e intercetta destini. Una copia la terrà con sé, l’altra la consegna alle persone fotografate, sul cui retro scrive una dichiarazione d’impegni, bellissima e struggente: “Qualunque sia la tua destinazione, fammi sapere se sei al sicuro”.

Alcuni hanno mantenuto la promessa, segno d’aver trovato una collocazione tra accoglienza e integrazione. Ma questa è un’altra storia. Quello che cogliamo dalle Polaroid di Giovanna è la familiarità stabilitasi con i soggetti fotografati, un’empatia che vale mille volte di più di ogni tentativo di integrazione. Provate a immaginare donne e uomini ridotti a “problema umanitario” guadagnare un sorriso, un attimo di felicità, un momento nel quale si è nuovamente in possesso della propria dignità e dimenticare la durezza di una vita spesa nei campi profughi. Ecco, questo è stata capace di fare Giovanna Del Sarto: ricondurre umanità dove umanità non c’è. Un grande lavoro. Un grande lavoro personale, prima che fotografico. A lei dunque e a quanti si adoperano perché il mondo non vada alla deriva, va il nostro riconoscente ringraziamento.

Giuseppe Cicozzetti

foto di Giovanna Del sarto

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