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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Luciano CANNELLA           (IT)

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LUCIANO CANNELLA

Fateci caso, i giorni sono distinti tra loro ma la notte ha un unico nome. Questa è la storia di un viaggio ai bordi di una notte che si vorrebbe infinita, il pencolare notturno di un’umanità che rimbalza tra i luoghi di una ristorazione veloce, rapida, fuggiasca: c’è la notte là fuori, bisogna consumarla prima che si dilegui all’incontro con l’alba. Luoghi come oasi, luci che nel buio della notte ci consolano e ci attirano e nei quali i robusti panini si consumano come un viatico tra una scorribanda e un’altra. Ma non solo. Di notte, i dialoghi mutano. Mutano i rapporti che abbandonati i traffici diurni si fanno più inclini alla confessione, stringendo complicità improvvisate: di notte ci si riconosce meglio. Luciano Cannella ha girato di notte, come a stringere un patto con l’oscurità e avviato un’esplorazione in un preciso frammento notturno, quello della ristorazione di strada: prima, con la luce, i camper sono solo un ammasso di lamiera ma quando scende la sera le sue luci sono un faro che si è accreditato appellativi epici e i cui fumi, sapidi, rotondi, di cibarie attraggono irresistibilmente clienti affezionati. La ristorazione di strada è divenuta un’abitudine ben consolidata in ogni città e radunato a sé una clientela ondivaga, sospesa tra la consumazione di qualcosa di veloce ma non tanto da scoraggiare una sosta. E in questa sosta, di questa momentanea interruzione dalle tentazioni notturne si consumano vicinanze e complicità. Con “Night&food” Luciano Cannella è di loro che intende parlarci. Attraverso il suo progetto le considerazioni si affollano in ordine sparso. Intanto una certa fotografia americana emergente sarebbe felice di trovare una scena naturalmente “apparecchiata” senza dover ricorrere a ricostruzioni su set – e in questo intravvediamo una certa distanza tra due diversi approcci fotografici – mentre qui l’azione si svolge esattamente nel momento in cui è stata fermata, e che ci appare come uno “still life” umano, silenzioso e rarefatto. Come impone la notte. Ma il gioco di rimandi va nei due sensi, tanto che la notte nelle fotografie di Luciano Cannella è imparentata con le oscurità urbane di Todd Hido: le tenebre e una luce che attrae come un focolare, una direzione nella notte, un riparo: lì, nelle fotografie del fotografo americano, un esterno inquietante si frappone tra l’uomo e una luce domestica che ha il sapore del raccoglimento; qui, nelle fotografie di Cannella, un esterno che attrae con le sue luci e verso cui sostare senza temere. In comune c’è la luce, artificiale, seducente come una promessa, sapida come un boccone ben condito. Non dunque la notte di Crewdson ma una notte che sarebbe piaciuta a Bardamu se solo avesse avuto fame nel suo peregrinarvi intorno. Le fotografie di Luciano Cannella incuriosiscono, ci chiedono di entrare, seppur momentaneamente, in relazione con i personaggi ritratti, siano essi i gestori che una clientela “congelata” nella frazione di un istante e che rende la composizione visiva come una “natura morta con figure umane” e nella quale tuttavia si intuisce sia il lento chiacchiericcio complice, rilassato degli avventori sia i tratti di una solitudine di cui prendersi gioco sotto le insegne fantasiose e beffarde. Una solitudine, si diceva. La stessa che ci conduce dritti a un altro riferimento visivo: Hopper, pittore culto per molti fotografi più che per i pittori e del quale la lezione del colore portatore di stati d’animo ha così nutrito gli occhi e la mente da non essere più dimenticata. Le notti di Luciano Cannella sono un brulicare sommesso di attività speso tra luminarie fantasmagoriche e insegne promettenti, con tagli di luce che con l’irriverenza dell’iperrealismo squarciano un’oscurità altrettanto sfrontata. Una contesa. Raccontare la notte è sempre una sfida e la porzione narrata da Luciano Cannella offre uno sguardo profondo e leggero nel connubio tra la notte e i suoi protagonisti, con quella leggerezza che ci si aspetta da un progetto silenzioso come la notte e discreto come un sussurro.

 

Giuseppe Cicozzetti

da “Night&food”

 

foto Luciano Cannella

Pay attention, days are distinct from each other but the night has a single name. This is the story of a journey on the edge of a night that you would want endless, the nocturnal pencolare of a humanity that bounces between the places of a fast, fast, runaway catering: the night is out there, you have to consume it before it disappears at the meeting with the dawn. Places like an oasis, lights that in the dark of night comfort us and attract us and in which the robust sandwiches are consumed as a viaticum between a raft and another. But not only. At night, the dialogues change. The relationships that abandoned the diurnal trades change become more prone to confession, making sudden complicity: at night we recognize better.

Luciano Cannella has filmed at night, as if to make a pact with the darkness and started an exploration in a precise nocturnal fragment, that of street food: first, with the light, the campers are just a pile of metal but when it comes down in the evening its lights are a lighthouse that has been credited with epic names and whose smoky, sapid, round, of food products irresistibly attract loyal customers. Street food has become a well established habit in every city and gathered to itself a wavering clientele, suspended between the consumption of something fast but not so much to discourage a break.

And in this pause, of this momentary interruption from nocturnal temptations, proximity and complicity are consummated. With “Night&food” Luciano Cannella is talking about them. Through his project considerations are crowded in random order. Meanwhile, a certain emerging American photograph would be happy to find a scene naturally "set" without having to resort to reconstructions on set - and in this we glimpse a certain distance between two different photographic approaches - while here the action takes place exactly when it is been stopped, and that appears to us as a human "still life", silent and rarefied. As the night imposes.

But the game of references goes in both directions, so that the night in Luciano Cannella's photographs is related to the urban darkness of Todd Hido: darkness and a light that attracts like a fireplace, a direction in the night, a shelter: there, in the photographs of the American photographer, a disquieting exterior stands between man and a domestic light that has the taste of recollection; here, in the Cannella’s photographs, an exterior that attracts with its lights and to which to stop without fear. In common there is light, artificial, seductive as a promise, sapid as a well-prepared morsel.

So not the Crewdson night but a night that would have pleased Bardamu if only he had been hungry in his wandering around. The photographs of Luciano Cannella intrigue, ask us to enter, albeit momentarily, in relationship with the characters portrayed, whether they are managers that a clientele "frozen" in the fraction of a moment and that makes the visual composition as a "still life with human figures" and in which, however, one understands both the slow complicit chatter, relaxed of the patrons and the traits of a loneliness to be mocked under the fanciful and mocking signs. A solitude, it was said.

The same that leads us straight to another visual reference: Hopper, cult painter for many photographers more than for painters and of whom the lesson of color carrier of mood has thus nourished the eyes and the mind to be no longer forgotten. Luciano Cannella's nights are a swarming subdued of activity spent between phantasmagorical luminaries and promising signs, with cuts of light that, with the irreverence of hyperrealism, pierce an equally impudent darkness. A contention. Telling the night is always a challenge and the portion narrated by Luciano Cannella offers a deep and light look in the marriage between the night and its protagonists, with the lightness expected of a project as silent as night and discreet as a whisper.

 

Giuseppe Cicozzetti

from “Night&food”

 

ph. Luciano Cannella

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