FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Michael Christopher BROWN (USA)
MICHAEL CHRISTOPHER BROWN
Il mondo cambia, inevitabilmente. Tutto intorno a noi si evolve. Il nuovo si intreccia con il vecchio: talvolta ne riconosce l’eredità, più spesso lo schernisce, supera, ancora più spesso lo soppianta. Tutto cambia. Perché dunque non dovrebbe cambiare qualcosa alla Magnum? Immagino già i puristi delle DSRL o, ancor più le vestali della pellicola contorcersi in preda al prurito quando sentono di Michael Christopher Brown membro della prestigiosa agenzia. Motivo dell’imbarazzo o quantomeno d’un’alzata di sdegnosa di sopracciglia è che il fotoreporter americano Michael Christopher Brown fotografa solo ed esclusivamente servendosi dell’ottica di un telefono, l’iPhone e di alcune app come Hipstamatic. Punto. Anzi, no. La discussione è aperta. Già sento levarsi il brusio e l’avanzare di una domanda, cioè se sial legittimo che nel fotogiornalismo sia lecito di una applicazione come Hipstamatic che altererebbe colore e tonalità delle fotografie. Qui la discussione si fa subito speciosa e l’interrogativo appare come una difesa d’ufficio della sacra categoria dei reporter, da Capa in avanti. La questione pone subito un’obiezione: è forse più legittimo usare una Leica per scattare una pellicola in bianco e nero per poi sviluppare, correggere luci, ombre in camera oscura? E’ legittimo scattare in RAW con una fotocamera digitale per poi modificare l’aspetto finale della foto con un software per l’elaborazione delle immagini? L’osservazione, a sua volta, solleva un’altra domanda: chi dei tre fotoreporter sta facendo qualcosa di diverso? La risposta è nessuno. Ognuno di loro parla la lingua di un tempo che ha frequentato. Ma il tempo non aspetta nessuno e dunque fa apparire il tema come una discussione da retroguardia, un argomento di cui si dibatte nelle vivanderie della fotografia – anche se non poche discussioni vi sono state in seno alla Magnum – proprio perché la famosa “etica del fotogiornalismo” non è minimamente posta in discussione, mentre si chiacchiera sul medium. Il punto, uno che mette d’accordo tutti, o quasi, è che Michael Christopher Brown è un eccellente fotogiornalista e che posto davanti alla sfida di un nuovo linguaggio fotografico ha saputo interpretarlo correttamente. E con qualche innegabile vantaggio. Ha raccontato lui stesso che durante la permanenza in Cina, che scattare con l’iPhone si rivelò una scelta straordinaria capace di avvicinarlo silenziosamente alla gente come mai nessuna macchina fotografica tradizionale gli avrebbe consentito. Più tardi, durante un reportage in Libia la sua fotocamera si ruppe e la scelta di fotografare con l’iPhone fu definitiva e quel lavoro, ‘Lybian Sugar’ si ricorda come uno dei primissimi reportage di guerra pubblicati sulla stampa internazionale interamente con l’uso di un cellulare. Tutto cambia abbiamo detto, quindi anche Magnum non è immune. Ma accogliendo Michael Christopher Brown tra i suoi membri l’agenzia ha dimostrato coraggio, perché ha dimostrato che la qualità delle fotografie, intesa come capacità ed espressione artistica è assolutamente indipendente dalla tecnologia utilizzata. Quello che conta veramente è il talento. Il resto conta poco, e ogni discussione sul tema è destinata a sparire o, al massimo, a sopravvivere nei sottoscala della fotografia.
Giuseppe Cicozzetti
da ‘Congo-Kivu’; ‘China-Off Truck’
foto Michael Christopher Brown
The world inevitably changes. Everything around us evolves. The new is intertwined with the old: sometimes it recognizes its inheritance, more often it taunts it, overcomes it, even more often supplants it. Everything changes. Why then shouldn't something change at Magnum?
I figure out the purists of the DSRL or, even more, the vestals of the film writhing in an itch when they hear from Michael Christopher Brown a member of the prestigious agency. The reason for the embarrassment or at least for an outburst of eyebrows is that the American photojournalist Michael Christopher Brown photographs only and exclusively using the lens of a phone, the iPhone and some apps like Hipstamatic.
Stop. Indeed, no. The discussion is open. Already I hear the buzz and the advance of a question being raised, that is if it is legitimate that in photojournalism it is permissible for an application like Hipstamatic that would alter the color and tonality of the photographs. Here the discussion immediately becomes specious and the question appears as an official defense of the sacred category of reporters, from Capa onwards.
The question immediately raises an objection: is it perhaps more legitimate to use a Leica to shoot a black and white film and then develop, correct lights, shadows in the darkroom? Is it legitimate to shoot in RAW with a digital camera and then change the final aspect of the photo with image processing software?
The observation, in turn, raises another question: which of the three photojournalists is doing something different? The answer is none. Each of them speaks the language of the past that he attended. But time waits for no one and therefore makes the theme appear as a discussion from rearguard, a topic that is debated in the kitchen of photography - even if there have been many discussions within Magnum - precisely because the famous "ethics of photojournalism" isn’t questioned at all, while chatting about the medium.
The point, one that puts everyone, or almost all, in agreement is that Michael Christopher Brown is an excellent photojournalist and that when faced with the challenge of a new photographic language he was able to interpret it correctly. And with some undeniable advantage. He told himself that while staying in China, shooting with the iPhone turned out to be an extraordinary choice capable of silently bringing him closer to people than any traditional camera would have allowed him.
Later, during a reportage in Libya, his camera broke and the decision to photograph with the iPhone was final and that work, 'Lybian Sugar' is remembered as one of the very first war reports published in the international press entirely with use of a cellphone. Everything changes we said, so even Magnum is not immune.
But welcoming Michael Christopher Brown among its members the agency has shown courage, because it has shown that the quality of the photographs, understood as capacity and artistic expression is absolutely independent of the technology used. What really matters is talent. The rest matters little, and any discussion on the subject is destined to disappear or, at the most, to survive in the basement of the photograph.
Giuseppe Cicozzetti
from ‘Congo-Kivu’; ‘China-Off Truck’
ph. Michael Christopher Brown