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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Antonio BIASUCCI                                                        (IT)

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ANTONIO BIASIUCCI

Irpinia, 1980. Un terribile terremoto devasta una larga parte del territorio campano. I danni sono incalcolabili, i morti a migliaia. La ricostruzione è difficile, lenta, frenata dalla macchina burocratica. I monumenti, i palazzi, le chiese i subiranno per anni l’oltraggio d’essere soverchiati da uno scheletro che ne tenga insieme le parti. Doveva essere una misura provvisoria, emergenziale, ma nulla in Italia è eterno quanto l’emergenza. Le città intanto si smarriscono e con esse la fiducia nella ricostruzione. Pozzuoli, 2010. A distanza di trent’anni dal sisma, Antonio Biasiucci racconta le fasi ricostruttive di un antico quartiere di Pozzuoli, il Rione Terra. L’obiettivo del fotografo è assai distante dal computare un report dell’avanzamento dei lavori. Dalle sue fotografie avvertiamo come la realtà può fornirci molteplici chiavi di lettura, cosicché le fotografie si distaccano dalla narrazione nuda e cruda del reportage per fare ingresso nel territorio dell’elaborazione concettuale. Tutto, si è sempre detto, può essere raccontato, a condizione però che l’aggiunta di una voce non finisca per confondersi nel coro del già detto. La parola visiva di Biasiucci si immerge in una grammatica fedele al suo stile in cui il nero è ben lontano da essere una risultante dell’assenza di luce ma entra di diritto nella carne viva delle cose. Dettagli, scorci si impongono alla vista come paradigmi di una visione onirica, in cui le tracce del passato riemergono per reclamare la loro storia antichissima. L’obiettivo di Biasiucci indaga a fondo il florilegio dei segni, restituendo alle cose la materia protagonista; così che le impalcature, come gli oggetti cantieristici o le scheletrite formazioni in attesa di vedersi completate assumono valore a sé stante, ribaltate nella dimensione artistica di una installazione a cielo aperto. Quanto vediamo è una ferita ancora aperta, umiliata nel tempo dall’incuria dell’insensatezza ma le foto di “Cantiere Rione Terra” ci costringono momentaneamente ad abbandonare l’amarezza e ci seducono perché sono trasportate di diritto nel recinto delle arti. E in questa lettura, nel dare “nuova vita” alle cose, ravvisiamo il compito più difficile e impegnativo, raccontare il presente per non dimenticare il passato.  

 

Giuseppe Cicozzetti

da “Cantiere Rione Terra”

 

foto Antonio Biasiucci

 

http://www.antoniobiasiucci.it/

Irpinia, 1980. A terrible earthquake devastates a large part of the Campania region. The damage is incalculable, the dead by the thousands. Reconstruction is difficult, slow, locked down by the bureaucratic machine. For years, the monuments, palaces and churches will suffer the outrage of being overwhelmed by a skeleton that holds the parts together. It was supposed to be a temporary, emergency measure, but nothing in Italy is as eternal as the emergency. Meanwhile, cities are lost and with them the confidence in the reconstruction. Pozzuoli, 2010. Thirty years after the earthquake, Antonio Biasiucci tells the reconstruction phases of an ancient district of Pozzuoli, the Rione Terra. The photographer's goal is far from calculating a progress report. From his photographs we perceive how reality can provide us with multiple interpretations, so that the photographs detach themselves from the naked and raw narration of the reportage to enter the territory of conceptual elaboration. Everything, it has always been said, can be told, provided however that the addition of a voice does not end up becoming confused in the chorus of the aforementioned. Biasiucci's visual word is immersed in a grammar faithful to his style in which black is far from being a result of the absence of light but enters right into the living flesh of things. Details, glimpses impose themselves on the view as paradigms of a dreamlike vision, in which traces of the past re-emerge to reclaim their ancient history. Biasiucci's lens investigates the florilege of signs, restoring the protagonist material to things; so that scaffolding, like shipbuilding objects or skeletal formations waiting to be completed, take on value in their own right, reversed in the artistic dimension of an open-air installation. What we see is a wound still open, humiliated over time by the neglect of senselessness, but the photos of "Cantiere Rione Terra" force us momentarily to abandon bitterness and seduce us because they are transported by right into the enclosure of the arts. And in this reading, in giving "new life" to things, we see the most difficult and demanding task, to tell the present in order not to forget the past.

 

Giuseppe Cicozzetti

from “Cantiere Rione Terra”

 

ph. Antonio Biasiucci

 

http://www.antoniobiasiucci.it/

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