FOTOTECA SIRACUSANA
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Ulisse BEZZI (IT)
ULISSE BEZZI
Io non credo ai miracoli. Io credo alle passioni brucianti. Io credo all’impegno quotidiano. Io credo alla fatica e alla costanza. Io credo nel lavoro, faticoso e umile, silenzioso e oscuro. Io non credo al miracolo intorno alla figura di Vivian Maier (un miracolo cui è più facile credervi anziché confutarlo) e quindi non credo che si possa parlare di miracolo attorno sulla figura di Ulisse Bezzi. No, il caso Bezzi appartiene al giusto riconoscimento dopo una vita intera dedicata alla sua più grande passione, la fotografia, spesa nei ritagli del duro lavoro di campagna. Una passione sorda, da tenere nascosta come le fotografie sviluppate in un angolo di casa dedicato alla camera oscura e da tenere lì, lontano da tutti, custodite da un antico pudore contadino. Ma tutti non è abbastanza. I suoi cari, gli amici, pensano che Ulisse meriti di più, così spulciano tra le foto considerate più belle e le inviano di volta in volta a questo o tal altro incontro internazionale di fotografia. Mirano in alto gli amici di Ulisse. E fanno bene. Fanno bene perché le fotografie di Ulisse Bezzi si impongono all’attenzione e spesso, molto spesso, vengono premiate. C’è il premio da ritirare ma Ulisse declina. Sempre. Qui non c’entra il pudore contadino né è la modestia a frenarlo. E’ l’età. Ulisse Bezzi è ottantenne e non può affrontare viaggi ora a Lisbona ora, figurarsi, a San Paolo, in Brasile. Dei riconoscimenti Ulisse sente gli echi. Gli echi e le manifestazioni di stima. Chi invece viaggia sono i collaboratori di una prestigiosa agenzia, la De Lellis di New York. Non roba da poco. Nella sua galleria hanno esposto personaggi come Man Ray, Migliori, Doisneau e lì, a San Paolo scorgono che tra tante immagini ve ne sono alcune degne d’attenzione. Forse anche più. Poi, quando in un piccolo paese della Romagna tutto sembra essere tornato alla normalità – chi ha vissuto una vita nella normalità non fatica di certo a rientrarvi – una telefonata. “Pronto? E’ la De Lellis Gallery. Vorremmo invitarla a New York per vedere le sue foto”. Anche qui il rifiuto, l’impossibilità a muoversi, eccetera. Finisce lì? No, Keith De Lellis in persona vola da una parte all’altra del mondo e si fionda nella campagna brumosa di San Pietro in Vincoli, tra Ravenna e Forlì. Il vecchio contadino (è il 2015, Bezzi ha quasi novant’anni) e il ricco gallerista americano si parlano senza parlare, tra loro un’interprete sussurra a entrambi piacere e sorpresa, stupore e salamelecchi; e poi tutta la questione è facilitata dall’obiettivo, dal motivo per cui De Lellis aveva sorvolato l’Oceano: acquistare le fotografie dello sconosciuto e talentuoso fotografo-contadino.
Poco dopo il nome di Ulisse Bezzi trasvola a New York, le sue foto esposte nella galleria di Madison Avenue e dunque il successo. Meritatissimo. Io dunque non credo ai miracoli. Il duro lavoro, la sincera e costante applicazione, il metodo, uniti insieme dal talento, a questo credo. Così come credo che la notte di nessun artista, per quanto lunga e oscura, sarà mai infinita.
Giuseppe Cicozzetti
foto Ulisse Bezzi
I don’t believe in miracles. I believe in burning passions. I believe in daily commitment. I believe in fatigue and constancy. I believe in work, tiring and humble, silent and dark.
I don’t believe in the miracle around the figure of Vivian Maier (a miracle which is easier to believe than rather to refute it) and so I do not think we can talk about a miracle around the figure of Ulisse Bezzi.
No, the Bezzi case belongs to the right achievement after a whole life dedicated to its greatest passion, photography, spent in the scraps of hard country work. A dull passion, to keep hidden like the photographs developed in a corner of the house dedicated to the dark room and to be kept there, away from everyone, guarded by an ancient farmer modesty.
But everyone is not enough. His loved ones, his friends, think that Ulysses deserves more, so they sift through the most beautiful photos and send them from time to time to this or other international photography meeting. Ulisse’s' friends aim high. And they do well. They do well because the photographs of Ulisse Bezzi are imposed on the attention and often, very often, are rewarded.
There is the prize to withdraw but Ulisse declines. Always. Here the modesty does not have anything to do with it, nor is it modesty to stop it. It's the age. Ulisse Bezzi is eighty years old and can not face travel now in Lisbon now, let alone, in Sao Paulo, Brazil. Of the recognitions Ulisse hears the echoes. The echoes and the manifestations of esteem. Those who travel are the collaborators of a prestigious agency, De Lellis of New York. Not new stuff. In his gallery they have exposed people like Man Ray, Migliori, Doisneau and there, in San Paolo they see that among many images there are some worthy of attention.
Maybe more. Then, when in a small town in the Romagna region everything seems to be back to normal - those who have lived a life in normalcy will certainly not be able to return - a phone call. "Hallo? It is the De Lellis Gallery. We'd like to invite you to New York City to see your photos”.
Here too the refusal, the impossibility to move, and so on. Does it end there? No, Keith De Lellis in person flies from one side of the world to another and slings into the misty countryside of San Pietro in Vincoli, between Ravenna and Forlì. The old farmer (is 2015, Bezzi is almost ninety years old) and the rich American gallery owner speak without speaking, among them an interpreter whispers to both pleasure, surprise and amazement; and then the whole issue is facilitated by the lens, by the reason why De Lellis had flown over the ocean: to buy photographs of the unknown and talented photographer-farmer.
Shortly after the name of Ulisse Bezzi transits to New York, his photos displayed in the Madison Avenue gallery and therefore success. Well deserved. So I do not believe in miracles. The hard work, the sincere and constant application, the method, united together by the talent, to this belief. As I believe the night of no artist, however long and dark, will never be infinite.
Giuseppe Cicozzetti
ph. Ulisse Bezzi