top of page

SCRIPTPHOTOGRAPHY

Olmo AMATO                  (IT)

Rinascite0101.jpg

OLMO AMATO

Una crisi nella vita del Tempo. Tutto appare, svanisce e poi riappare obbligandoci a consumare quel che resta delle nostre convinzioni cartesiane, secondo cui ogni episodio obbedisce a una scansione temporale, a un ordine precostituito. I paesaggi del fotografo Olmo Amato confliggono con questa tesi, relegando le nostre convinzioni a quella che è stata definita “una momentanea avaria della ragione” nella quale, in assenza di vincoli saldi, tutto dilaga e trova residenza. Lande, estese come un sogno dal quale non vorremmo svegliarci, lontane praterie nordiche così refrattarie alla presenza dell’uomo da bastare a se stesse, o angoli nei quali si consuma una delicatissima vena metafisica. Ma l’uomo non c’è, almeno fisicamente, almeno nella coincidenza temporale con il suo ambiente. Non c’è; ma la sua presenza è così funzionale al racconto, talmente necessaria per lo sviluppo di una tesi che appare prepotentemente. Due livelli – ed è qui che si coglie la genesi della crisi nella vita del Tempo, due registri: il primo è l’attualità di un paesaggio distante, quasi sconosciuto alle abitudini dell’uomo; il secondo è la presenza di un uomo non contemporaneo a cui è affidato il compito di catalizzare e ribaltare ogni coordinata temporale (i personaggi fin de siècle provengono dal materiale documentario digitalizzato della Library of Congress di Washington D.C.).  La serie “Rinascite” intende congiungere. Intende cioè stabilire una connessione relazionale tra uno spazio, immutabile nei secoli e la caducità dell’uomo, definendo peraltro – una attenta osservazione delle fotografie del giovane fotografo romano offrirà la chiave – come una specie di illogico continuum in cui intravvedere la fondazione di un equilibrio, nuovo, tra soggetti divisi da “quel tempo feroce che ogni cosa interrompe”. L’anacronismo è battuto. Definitivamente. E sull’altare di una contemporaneità che nella surrealtà manifesta un potenziale creativo, radicale e, a giudicare dalle fotografie, di brillante audacia. Ovunque regna un silenzio astrale, la contemplazione vince sull’azione – a dire il vero la sfida non è nemmeno accennata – nel rapido stabilirsi di un respiro così delicato da apparire poetico. Così, nella fotografia in cui vediamo un fotografo riprendere la vastità del Nulla, cogliamo un’autentica quanto involontaria, e tenue, poesia dell’incantamento. Rinascite dunque, di paesaggi e di figure umane; e quando queste trapuntano le secche d’un mare deciso a contendere il primato alla terra, esse appaiono ai nostri occhi come punti scuri e lontani come stelle disperse alle prese con il nostro stesso senso di disorientamento. “Rinascite” è un lavoro delicato, compatto e ambizioso – se da giovani non si è ambiziosi è meglio lasciare perdere e invecchiare anzitempo –, caratteristica, quest’ultima che risuona del citazionismo dei grandi padri della fotografia paesaggistica. Ma non è questa la cifra con cui intende misurarsi Amato, quanto una sintesi di elementi apparentemente incoerenti chiamati a defluire la loro forza evocativa, con un solo obiettivo: ricucire la crisi nella vita del Tempo. La fotografia ne è capace.

 

Giuseppe Cicozzetti

da “Rinascite”

 

foto Olmo Amato

 

http://www.olmoamato.it/

A crisis in the life of Time. Everything appears, disappears and then reappears, obliging us to consume what remains of our Cartesian beliefs, according to which each episode obeys a temporal dimension, a pre-established order.

The landscapes of the photographer Olmo Amato conflict with this thesis, relegating our convictions to what has been called "a temporary failure of reason" in which, in the absence of strong bonds, everything spreads and finds residence.

Landscapes, extended like a dream from which we would not wake up, distant northern prairies so refractory to the presence of man to be enough to themselves, or corners in which a delicate metaphysical vein is consumed. But man is not there, at least physically, at least in the temporal coincidence with his environment.

There is not; but his presence is so functional to the story, so necessary for the development of a thesis that appears overwhelmingly. Two levels - and this is where the genesis of the crisis in the life of Time is captured, two registers: the first is the relevance of a distant landscape, almost unknown to man's habits; the second is the presence of a non-contemporary man entrusted with the task of catalyzing and overturning any temporal coordinate (the characters turn-of-the-century come from the digitalized archive of the Library of Congress in Washington D.C.). The series "Rebirths" intends to join.

It intends to establish a relational connection between a space, immutable over the centuries and the transience of man, defining - a careful observation of the photographs of the young Roman photographer will offer the key - as a kind of illogical continuum in which to glimpse the foundation of a balance, new, between subjects divided by "that ferocious time that interrupts everything". Anachronism is defeated. Definitely.

And on the altar of a contemporaneity that in the surreality manifests a creative potential, radical and, judging by the photographs, of brilliant audacity. Wherever an astral silence reigns, contemplation wins over the action - to tell the truth the challenge is not even mentioned - in the rapid establishment of a breath so delicate to appear poetic.

So, in the photograph in which we see a photographer pick up the vastness of Nothingness, we perceive an authentic and involuntary, and tenuous, poetry of enchantment. Rebirth therefore, of landscapes and human figures; and when these quilts the shallows of a sea determined to contend the primacy to the earth, they appear to our eyes as dark and distant points like scattered stars grappling with our own sense of disorientation.

“Rebirths” is a delicate, compact and ambitious work - if you are not ambitious when you are young, it’s better to let it go and grow old prematurely - a characteristic that resounds with the quotation of the great fathers of landscape photography. But this is not the figure with which Amato intends to measure himself, as a synthesis of seemingly incoherent elements called to drain their evocative force, with only one goal: to recast the crisis in the life of Time. Photography can do that.

 

Giuseppe Cicozzetti

from “Rebirths”

 

foto Olmo Amato

 

http://www.olmoamato.it/

bottom of page