FOTOTECA SIRACUSANA
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ANIU (Cina)
ANIU
Shenzhen non è solo una città. Shenzhen è il laboratorio della politica economica cinese, del suo sviluppo rampante, privo di regole e che non può e non vuole mediare tra le ambizioni economiche e i bisogni degli abitanti. Shenzhen è un mostro artificiale cresciuto troppo in fretta. Fino agli inizi degli anni ’70 Shenzhen era poco più di un borgo con poche decine di migliaia di anime che guardava con malcelata invidia un dirimpettaio ingombrante e ricco: Hong Kong. In più Shenzhen, considerata la sua posizione geografica, nelle intenzioni dei governi cinesi avrebbe dovuto rappresentare una sfrontata risposta a Taiwan. Scommessa vita (o persa, secondo i punti di vista) perché oggi Shenzhen conta 12 000 000 di abitanti e rappresenta uno dei maggiori snodi tecnologici di tutta la Cina. Ma non c’è sviluppo che non lasci vittime. Il fotografo cinese Aniu, che vive a Shenzhen, in “Time of Fantasy” racconta il disequilibrio tra una società che ha raggiunto un livello di benessere insospettabile fino a poco tempo prima e le ricadute in termini identitari della popolazione. E lo fa con uno stile assai particolare, sia concettuale che sotto il profilo stilistico. Il suo reportage infatti si distacca dai canoni classici del genere, cioè dall’osservare quei principi di distacco e neutralità ma, al contrario, e senza affondare nelle profondità del concettuale, è irrobustito da una partecipe commistioni di valutazioni. Aniu non è neutrale ma si ferma sulla soglia lasciando che sia l’osservatore a cogliere i frammenti di una società mutevole e porli sul piano delle valutazioni. La città di Shenzhen è molto spesso sullo sfondo, come a dire che più importante della megalopoli, dei suoi grattacieli vanto di un’economia velocissima, sono gli effetti sulla identità degli abitanti che infatti restano quasi sempre in primo piano. Tutto è così rapido da diventare inafferrabile, tutto muta e diviene altro nello stretto volgersi di pochi anni e dunque ogni assetto fatica a sedimentare, a farsi Storia. Così, come a restituire il senso dell’estraniante e convulso cambiamento, accorrono i colori, quasi innaturali. Come ogni cosa intorno. Aniu si pone in equilibrio tra una tensione documentarista e una street photography intimista e partecipata. Il suo racconto è fatto spesso di accenni, di piccoli dettagli che però hanno il potere di dire più di quanto gli viene richiesto e quindi nell’affondo visuale scorgiamo l’inevitabile collezione di atteggiamenti umani, una diversità che rivela le diverse sensibilità tra chi dal progresso ha tratto vantaggi e chi ne è rimasto escluso. Una forbice, tenuta insieme da una scelta cromatica che restituisce l’ambiente di Shenzhen in forme sature e incombenti, come se cielo e terra, uomo e ambiente avessero rotto i vincoli millenari per prepararsi alla resa dei conti. “Time of Fantasy”, il cui titolo rimanda appunto a un periodo artificiale, a un benessere costruito in laboratorio come frutto di analisi sperimentali, racconta criticamente la “produzione di un tempo”, di un tempo che ne scaccia un altro e così via fino alla prossima intuizione economica. Di mezzo ci sono gli uomini, le vite umane; ma è l’economia a governare tutto e non può occuparsi delle sue vittime.
Giuseppe Cicozzetti
da “Time of Fantasy”
foto Aniu
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