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Andrea ALESSIO

ANDREA ALESSIO

Bestiario innaturale. La paura è una condizione che l’uomo supera invitandola a casa. Guardate le più grandi città del mondo, hanno tutte una giungla sterilizzata, qualcosa che se invece d’animali fosse popolata da uomini non avremmo alcuna remora nel chiamarla prigione. L’uomo dunque ha imprigionato la natura a lui più remota, con essa le forme viventi che la popolano e l’ha chiamata zoo.
Il fotografo Andrea Alessio ha lavorato su questi “non-luoghi per animali”. Un progetto lungo che lo ha condotto a frequentare i principali zoo delle più grandi città europee e mondiali e che è confluito nella serie ”Un­­_Natural Bestiary”. Nel lavoro di Andrea Alessio vediamo animali rinchiusi in un habitat posticcio, vittime della teologia della biodiversità che nel tentativo d’essere salvaguardata è trasportata in un altrove lontanissimo, a uso e consumo della curiosità domenicale di una breve gita nell’esotico. Nulla è più finto di uno zoo, eppure tutto è progettato per sembrare vicino al vero. Peccato che mai nessun fondale dipinto possa restituire agli animali la sensazione di trovarsi nel loro territorio naturale. A loro no ma a noi sì, almeno questo è l’obiettivo. La serie di Andrea Alessio vuol dirci proprio questo, dell’innesto innaturale di una natura dentro un’altra, della profonda solitudine di animali costretti a vivere in cattività come prigionieri da mostrare dopo la cattura. Un mondo reimmaginato che Alessio mostra negli aspetti più crudi e al contempo capaci di suscitare in noi una compassione per animali dal cui sguardo leggiamo un profondo disagio, una malinconia che conosciamo e che condividiamo perché ci appartiene, perché conosciamo bene lo stordimento e il senso di smarrimento che proviamo quando siamo lontanissimi dai nostri luoghi. Non c’è alcuna differenza. E se qualcuno non crede sia possibile allora osservi la reciprocità dello sguardo animale quando incrocia quello umano. ”Un­­_Natural Bestiary” convince per la sua compattezza, per la sua attinenza narrativa con un altro aspetto, altrettanto indagato, che declina nelle schegge di una tassidermia animale da esposizione. Le fotografie ci restituiscono il paradosso: animali impagliati fermi al chiuso di una teca quale rappresentazione di una non-morte che odore di morte vera e propria. I luoghi sono quelli di ogni museo di Scienze Naturali, così “naturali” da non esserlo più. L’aggancio di ”Un­­_Natural Bestiary” è saldissimo: nello zoo c’è la rappresentazione di una vita che vita vicina alla morte e nei musei c’è una morte vicina alla vita. La crisi è compiuta. Di questo narra la serie di Andrea Alessio, del tentativo di reimpaginare l’ordine naturale delle cose, della formulazione di un nuovo equilibrio così difficile da sperimentare da risultare blasfemo (e non è un caso, ad esempio, che frotte di animalisti si battono per la chiusura degli zoo). Un fotografo non ha ruolo nelle dispute sociali, a lui è riservato il ruolo di registrare quanto accade: i sommovimenti, gli episodi, la cronaca, il costume; e dunque in quest’ottica, nel rispetto del proprio ruolo, Andrea Alessio registra una componente, un dettaglio, forse, ma che va raccontato e letto. Urgentemente.
La vita è ben altro. Per ogni essere vivente. E fa benissimo Andrea Alessio a volercelo ricordare, mentre se gli stessi animali potessero osservare le sue immagini siamo sicuri che gliene renderebbero merito.

Giuseppe Cicozzetti
da ”Un­­_Natural Bestiary”

foto Andrea Alessio

www.andreaalessio.it

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