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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Silvia GRAV                                                                                             (USA)

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SILVIA GRAV

Nella “Nascita della tragedia” Nietzsche affida alle parole del Sileno, braccato da Mida, l’inquietante verità che si agita per corrodere la composta armonia della filosofia greca. “Dimmi, seguace di Dioniso” principia il sovrano “qual è la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo?”. Tacque il demone, finché incalzato rispose: “Il meglio per te è assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, non essere niente”. Il pessimismo irrompe sulla cultura classica. Un mondo culturale è superato. Si nasce, e giunti al termine della vita si muore. Di mezzo, a impolpare i giorni, c’è dolore e sofferenza. Per tutti, per il re come per l’ultimo dei bifolchi. Il lavoro della fotografa spagnola Silvia Grav si muove proprio in questo spazio intellettuale, addentrandosi nella metafisica dell’infelicità. Si è detto di un’inevitabile corruzione fisica qui, nelle immagini, spinta al parossismo di una caducità ora accennata ora nel cuore della sua conclamazione. I corpi sono colti nel momento della mutazione o, meglio, della loro consunzione, di uno scioglimento naturale che li condurrà a fondersi con gli elementi esterni per sparire definitivamente, e non esserci quindi mai stati, giungendo al culmine dell’affermazione del Sileno. E quando i corpi ancora conservano la loro sostanza iniziale essi ci appaiono mutilati, privi cioè non solo di un’oggettiva presenza di organi che attestano una residue vitalità quali occhi e bocche, ma ricolmi di un disagio interiore che presto darà inizio alla loro stessa corruzione. Se c’è un Tempo nelle fotografie di Silvia Grav, è quello metafisico della sparizione: la materia si scioglie e cede davanti al dilagare del malessere. E infatti nelle fotografie cogliamo questa tempistica attraverso le “cancellazioni” che, come vediamo, sono esplicitate passo dopo passo con dedizione cronologica. Siamo nulla, sembra dirci la fotografa, poca cosa, giusto un debole alito di vento avverso e veniamo giù come allodole, rovinando su noi stessi per sparire lentamente e poi del tutto. E torniamo a essere parte di quell’immaterialità da cui tutti noi proveniamo: una breve apparizione, giusto il tempo che il sipario si alzi sulla scena della vita e poi le luci si spengono. Inesorabilmente.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

foto Silvia Grav 

 

https://www.silviagrav.com/

 

In "Birth of the Tragedy" Nietzsche relies on the words of Silenus, hunted down by Midas, the disturbing truth which is stirred up to corrode the composed harmony of Greek philosophy. "Tell me, follower of Dionysus," the ruler begins, "what is the best and most desirable thing for man?" The demon fell silent, until urged: "The best for you is absolutely unreachable: not being born, not being, being nothing".

Pessimism bursts on classical culture. A cultural world is exceeded. We are born, and at the end of life we die. In the middle, to impulpate the days, there is pain and suffering. For everyone, for the king as for the last of yokels. The work of the Spanish photographer Silvia Grav moves precisely in this intellectual space, penetrating the metaphysics of unhappiness. It has been said of an inevitable physical corruption here, in the images, driven to the paroxysm of a transience now hinted at now in the heart of its conclusion.

The bodies are caught in the moment of mutation or, better, their consumption, a natural melting that will lead them to merge with the external elements to disappear permanently, and therefore there have never been, reaching the culmination of the statement of Silenus.

And when the bodies still conserve their initial substance, they appear to us mutilated, that is to say, not only of an objective presence of organs that attest to a residual vitality such as eyes and mouths, but filled with an inner discomfort that will soon start their own corruption.

If there is a Time in the photographs of Silvia Grav, it is the metaphysical one of the disappearance: the matter melts and gives way before the spread of the malaise. And in fact in the photographs we grasp this timing through the "cancellations" that, as we see, are explained step by step with chronological dedication. We are nothing, it seems to tell us the photographer, little thing, just a weak breath of adverse wind and we come down like larks, ruining ourselves to disappear slowly first and then completely.

And we return to being part of that immateriality from which we all come: a brief appearance, just the time that the curtain rises on the scene of life and then the lights go out. Relentlessly.

 

Giuseppe Cicozzetti

 

ph. Silvia Grav 

 

https://www.silviagrav.com/

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