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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Sabrina CARAMANICO                                      (Italia) 

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SABRINA CARAMANICO

Ha scritto Elias Canetti che “i giorni sono distinti tra loro, la notte invece ha un solo nome”. E può atterrire. Al buio, nel profondo del sonno, i demoni tenuti a bada dalla luce del giorno affiorano per scatenarsi. E i sogni, talvolta, si trasformano in incubi. La notte è il territorio della verità. Quando la fotografia intende sconfinare nell’irrealtà – ammesso che i sogni siano irrealtà –, accettando così la sfida con la rappresentazione dell’immateriale, spesso ricorre all’inconscio onirico: visioni, suggestioni, paure, si intrecciano e si scavalcano l’un l’altra tessendo un ordito che ci obbliga a fare i conti, ponendoci di fronte a uno specchio oscuro e deformante nel quale rimbalzano prepotenti frammenti di verità sottaciute; perché la verità è nei dettagli che ama essere letta. E la verità, perché sia tale, non ammette altri interpreti che i protagonisti. La giovane fotografa Sabrina Caramanico obbedisce a questa chiamata e con l’onestà di chi non intende affidare ad altri un racconto che le appartiene, recita in prima persona un monologo intimo e notturno fatto di inquietudini e distorsioni, suggestioni che sgomentano ma in cui intravvediamo il coraggio di un’analisi del profondo. La serie “Dreams and Nightmares” è una modulata discesa negli inferi dei suoi turbamenti, una digressione nelle curve dei turbamenti. Sabrina Caramanico ci conduce in un territorio nel quale domina la doppiezza, tutto e il suo contrario e nel quale le certezze durano un rapido battito di ciglia per trasformarsi prontamente nell’incertezza dell’evanescente. Ecco dunque la “doppiezza” che atterrisce: sappiamo che c’è, e per quanto possiamo tenerla a bada la notte arriva in suo soccorso e ci tradisce liberandola, mentre noi, involucri privi di forma ne veniamo plasmati fino a non riconoscerci più. Siamo ormai prede. Di noi stessi. Del lato a noi ignoto. E per liberarci non c’è che una condizione: riconoscere i segni di una trama solo apparentemente indecifrabile e oscura ma se vista in controluce parla di cose spesso inudibili. Questo è il patto. E non tutti sono disposti a sottoscriverlo. Le immagini di “Dreams and Nightmares” ci conducono attraverso un terreno scivoloso, obliquo, instabile, fatto di metafore occulte in cui la forza dei dettagli dialoga con l’intera composizione generale che, vorrei sottolineare, non è mai disgiunta dalla ricerca di una compostezza formale che non lascia fuori nessun elemento, quasi che la giovane Sabrina volesse dirci che lo straniamento coinvolge ogni cosa, visibile e invisibile. Il corpo è il “luogo” più ampiamente utilizzato e in cui si gioca il “martirio interiore”, sia esso su un arto (o un suo dettaglio) o l’intera figura. Il volto come sintesi, l’epicentro narrativo: ora è adombrato da un teschio che ci ricorda un’essenza improcrastinabile, ora mosso, sfuggente, inafferrabile e refrattario a ogni definizione. A volte invece è violato dal passaggio di rettili, mentre gli occhi sono mascherati da lunghi capelli o chiamato a ripide discese nella notte, verso chissà. E uccelli imprigionati in un pugno. E animali che allargano il ventaglio delle metafore (bellissima la falena sul ventre). E siepi da cui si allungano mani; e il dubbio ci assale (ecco il ritorno alla doppiezza): vogliono afferrarci, vogliono condurci con sé o invece chiedono aiuto? L’osservatore non può che domandarselo ma non può pretendere nessuna spiegazione: la fotografia è una verità nuda, ognuno può riempirla con il significato che gli è più rispondente, a condizione che non lo si chieda alla fotografa: Sabrina Caramanico ha mostrato per intero se stessa, non possiamo chiederle di interpretare le sue irrequietezze. Questo spetta a noi. Ammesso di esserne capaci.

 

Giuseppe Cicozzetti

da “Dreams and Nightmares” 

 

foto Sabrina Caramanico

 

http://www.sabrinacaramanico.com/  

 

 

Elias Canetti wrote that "the days are different, the night has only one name". And it can terrifies. In the dark, in the depths of sleep, the demons kept at bay by the light of day emerge to unleash themselves. And dreams sometimes turn into nightmares. The night is the territory of truth. When photography intends to trespass into unreality - assuming that dreams are unrealistic - and thus accepting the challenge with the representation of the immaterial, it often resorts to the oneiric unconscious: visions, suggestions, fears, interweave and overlap one another. another weaving a war that obliges us to reckon, placing us in front of a dark and deforming mirror in which bouncing fragments of unspoken truth bounce; because the truth is in the details that loves being read. And the truth, because it is such, does not admit other interpreters than the protagonists. The young photographer Sabrina Caramanico obeys this call and with the honesty of those who do not intend to entrust others with a story that belongs to her, she recites in first person an intimate and nocturnal monologue made of restlessness and distortions, suggestions that appall but in which we glimpse courage of an analysis of the profound. The series "Dreams and Nightmares" is a modulated descent into the underworld of her disturbances, a digression in the curves of disturbances. Sabrina Caramanico leads us into a territory dominated by duplicity, everything and its opposite and in which certainties last a rapid blink of an eye to be promptly transformed into the uncertainty of the evanescent. Here then is the "duplicity" that terrifies us: we know that there is, and as far as we can keep to hold off the night comes to his rescue and betrays us freeing it, while we, formless casings, are shaped to the point of not recognizing us anymore. We are now prey. Of ourselves. Of the unknown side to us. And to free ourselves there is only one condition: to recognize the signs of a plot that is only apparently indecipherable and obscure, but when viewed against the light, it speaks of things that are often inaudible. This is the treaty. And not everyone is willing to sign it. The images of "Dreams and Nightmares" lead us through a slippery, oblique, unstable ground, made up of occult metaphors in which the power of details dialogues with the whole general composition that, I would like to underline, is never separated from the search for composure formal that does not leave out any element, as if the young Sabrina wanted to tell us that the alienation involves everything, visible and invisible. The body is the most widely used "place" in which the "inner martyrdom" is played, whether it be on a limb (or its detail) or the entire figure. The face as a synthesis, the narrative epicenter: now it is shadowed by a skull that reminds us of an impractical essence, now moved, elusive, elusive and refractory to any definition. Sometimes it is violated by the passage of reptiles, while the eyes are masked by long hair or called to steep descents in the night, to who knows. And birds imprisoned in a fist. And animals that widen the fan of metaphors (the moth on the belly is beautiful). And hedges from which hands are stretched; and doubt assails us (here is the return to duplicity): they want to grab us, they want to take us with them or they instead ask for help? The observer can not but wonder but can not expect any explanation: photography is a naked truth, everyone can fill it with the meaning that is more responsive, as long as you do not ask the photographer: Sabrina Caramanico has shown in full if we can not ask her to interpret her restlessness. This is up to us. If only we are capable of it.

 

Giuseppe Cicozzetti

from “Dreams and Nightmares” 

 

ph. Sabrina Caramanico

 

http://www.sabrinacaramanico.com/

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